Nora Juhasz mailto

    Le feste nazionali e statali             La festa di San Nicolò           Fiabe ungheresi




                                                Petőfi Sándor (1823-1849)

"La libertà, l'amore!
Sol ha di questi due sete il mio cuore,
All'amore io sacrifico la vita,
Ed alla libertá dono l'amore."



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Petőfi Sándor a 21 anni Il più famoso poeta dell'epoca del Risorgimento ungherese e il più conosciuto e tradotto poeta ungherese in tutto il mondo. Lui è consoderato il "Tirteo della rivoluzione ungherese" del 1948-49, poeta dell'amore e della libertà.
Alessandro Petőfi nacque il 1 gennaio 1823 a Kiskőrös nella grande pianura ungherese, da genitori di origine slavi con cognome slavo Petrovics , che dopo modificò in quello magiaro di Petőfi che vuol dire " figlio di Pietro". Suo padre era un piccolo negoziante e il villaggio fu caratteristicamante magiaro nell'Alföld (bassopiano, gli ungheresi chiamano così la grande pianura di cui la 'puszta' è la parte sterile e deserta) , dalla quale Petőfi trae tanti vividi motivi nella sua poesia e rievoca spesso la bellezza della sconfinata pianura nella sua lirica.
I genitori di Petőfi


L'Alföld


Che sei per me, o aspra terra romantica
dei diruti Carpazi irti d'abeti?
Forse ti ammiro, ma non ti amo: s'arretra
la mia mente dinanzi alle tue cime e alle tue valli.

  Giù nell'immenso mare dell'Alföld
giú sono a casa, é quello il mio mondo:
su quelle infinite distese é la mia anima
un'aquila che irrompe liberata.
  Il mio pensiero levasi allora
su dalla terra verso le nubi:
sorridendo mi guarda tutto il piano
che spazia tra il Danubio ed il Tibisco.
  Sotto il cielo invaso dai miraggi rintoccano
i tanti campani degli armenti satolli:
l'abbeveratoio attende al meriggio
presso la lunga antenna del pozzo.

Il galoppo di mandrie di cavalli
tonfa nel vento, scalpitano gli zoccoli
tra il gridare dei butteri e l'aspro
schiocco delle sferze.
  Nel mite grembo dei venti ondeggia
il grano spigato, e d'un vivo
colore smeraldo inghirlanda
tutta quanta la bella regione....
  ... Sei bello, Alföld! Per me sei bello!
Qui sono nato, mossa fu qui la mia culla:
qui sia distesa su di me la coltre
e qui s'alzi la terra del mio tumulo.
 







Petőfi Sándor nel 1946 L'adolescenza e prima giovinezza passò tra miseria e scarsi e disordinati studi, e tentativi di diventare attore, al seguito d'una compagnia girovaga. Nel 1844 decise di andare a Budapest a presentare le sue liriche al più grande letterato ungherese del tempo, a Vörösmarty. Vörösmarty gli fu generoso di amicizia e di aiuto e provvide a far pubblicare le poesie del giovane. Così cominciò per Petőfi la fama e un migliore - anche se fugace - destino. Petőfi Sándor nel 1946

Quando entrai in cucina...

Quando entrai in cucina,
accesi la mia pipa,
dico, l'avrei accesa
senonché essa gia ardeva.
     La mia pipa in pieno ardeva,
E non entrai per accenderla,
Ci andai solo perché c'era
Una bellezza in cucina.
     Fuoco accese la mia bella,
Lo attizzava ed esso ardeva,
Ahi, negli occhi s'accendeva
Una fiamma gigantesca.
     Quando entrai lei mi guardo,
Accipicchia, lei m'incanto,
La mia pipa si era spenta,
Il mio cuore s'accendeva.





Szendrey Júlia - la moglie di Petőfi L'amore é uno dei temi dominanti della lirica di Petőfi, come della sua stessa vita. Moltissime sono le poesie dedicate a Giulia Szendrey , sua moglie, che lui amò appassionatamente e si sposò nel 1847 dopo molti contrasti e con cui visse 2 anni di perfetta felicita, presto spezzata dalla morte. Petőfi

Io sarò albero...

Io sarò albero se ti farai
fiore d'un albero:
se rugiada sarai mi farò fiore.
Rugiada diverrò se tu sarai
raggio di sole:
così, mio amore, noi ci uniremo.
       Se, mia fanciulla, tu sarai cielo
io diverrò, allora, una stella:
se, mia fanciulla, tu sarai inferno,
io, per amarti, mi dannerò.





Petőfi Sándor nel 1948 La ricca poesia di Petőfi riflette anche un forte senso rivoluzionario, e racconta tutte le passioni piú umane e piú belle dell'800: la patria, la liberta, l'elevazione del popolo.
Il 15 marzo 1848 cambio notevolmente la vita di Petőfi, divenne il poeta e il soldato della Rivoluzione. Con i suoi propri mezzi cercò di combattere anche lui contro gli austriaci e gli Asburgo: questi erano le sue poesie con cui cercò di infiammare e di entusiasmare il popolo ungherese. La famosissima poesia suddetta, per la prima volta recitò lui stesso al pubblico sulla scalinata del Museo Nazionale Ungherese di Budapest.
Il primo giorno della Rivoluzione del 1848 oggi è una festa nazionale in Ungheria, e durante le varie manifestazioni le strofe di Petőfi vengono recitate o cantate dai giovani di oggi.
Cocarda tricolore

Canto nazionale

In piedi, o magiaro, la patria chiama.
É tempo: ora o mai.
Schiavi saremo o liberi?
Scegliete.
Al Dio dei magiari
giuriamo,
giuriamo che schiavi
mai piú saremo.
Schiavi fummo finora;
gli antenati nostri che vissero
e morirono liberi, sono dannati,
non hanno pace in questa terra schiava.
Al Dio dei magiari
giuriamo,
giuriamo che schiavi
mai piú saremo.
É un briccone colui
che teme la morte quando bisogna morire,
colui che una meschina vita ha piú cara
che l'onor della patria.
Al Dio dei magiari
giuriamo,
giuriamo che schiavi
mai piú saremo.

Più lucente è la spada,
meglio si adatta al braccio,
e tuttavia una catena portammo!
Eccola, l'antica nostra spada.
Al Dio dei magiari
giuriamo,
giuriamo che schiavi
mai piú saremo.
Bello sarà di nuovo il nome magiaro
degno della gran fama antica.
Laviamo l'onta
che i secoli vi impressero.
Al Dio dei magiari
giuriamo,
giuriamo che schiavi
mai piú saremo.
Dove s'innalzano le nostre tombe,
s'inchineranno i nostri nipoti,
e proferiranno i nostri sacri nomi
con una benedicente preghiera.
Al Dio dei magiari
giuriamo,
giuriamo che schiavi
mai piú saremo.












Canzone di "Canto nazionale" in ungherese - 1.-2.-3.-4.-5.-6. strofa:







clicc al film












TALPRA MAGYAR, HÍ A HAZA
In piedi, o magiaro, la patria chiama


ITT AZ IDŐ-Ő MOST VAGY SOHA
É tempo: ora o mai


RABOK LEGYÜNK VAGY SZABADOK
Schiavi saremo o liberi?


EZ A KÉRDÉS VÁLASSZATOK!
Scegliete!




RABOK VOLTU-UNK MOSTANÁIG
Schiavi fummo finora


KÁRHOZOTTA-AK ŐSAPÁINK
gli antenati nostri che vissero


KIK SZABADON ÉLTEK, HALTAK
e morirono liberi, sono dannati,


SZOLGAFÖLDBEN NEM NYUGHATNAK.
non hanno pace in questa terra schiava.




A MAGYAROK ISTENÉRE ESKÜSZÜNK,
Al Dio dei magiari giuriamo


ESKÜSZÜNK, HOGY RABOK TOVÁBB NEM LESZÜNK!
giuriamo che schiavi mai piú saremo!


A MAGYAROK ISTENÉRE ESKÜSZÜNK,
Al Dio dei magiari giuriamo


ESKÜSZÜNK, HOGY RABOK TOVÁBB NE-EM LESZÜNK!
giuriamo che schiavi mai piú saremo!





SEHONNAI-I BITANG EMBER
É un briccone colui


KI MOST HA KE-ELL HA-ALNI NEM MER
che teme la morte quando bisogna morire


KINEK DRÁ-ÁGÁBB RONGY ÉLETE
colui che una meschina vita ha piú cara


MINT A HAZA BECSÜLETE.
che l'onor della patria.




FÉNYESEBB A LÁ-ÁNCNÁL A KARD
Più lucente è la spada


JOBBAN ÉKESÍ-ÍTI A KART
meglio si adatta al braccio


ÉS MI MÉGIS LÁNCOT HORDUNK
e tuttavia una catena portammo,


IDE VELED RÉGI KARDUNK
Eccola, l'antica nostra spada!




A MAGYAROK ISTENÉRE ESKÜSZÜNK,
Al Dio dei magiari giuriamo


ESKÜSZÜNK, HOGY RABOK TOVÁBB NEM LESZÜNK!
giuriamo che schiavi mai piú saremo!


A MAGYAROK ISTENÉRE ESKÜSZÜNK,
Al Dio dei magiari giuriamo


ESKÜSZÜNK, HOGY RABOK TOVÁBB NE-EM LESZÜNK!
giuriamo che schiavi mai piú saremo!





A MAGYAR NÉV MEGINT SZÉP LESZ
Bello sarà di nuovo il nome magiaro


MÉLTÓ RÉ-ÉGI NAGY HÍRÉHEZ
degno della gran fama antica


MIT RÁ-ÁKENTEK A SZÁZADOK
che i secoli vi impressero.


LEMOSSUK A GYALÁZATOT
Laviamo l'onta




HOL SÍRJAINK DOMBORULNAK
Dove s'innalzano le nostre tombe


UNOKÁINK LEBORULNAK
s'inchineranno i nostri nipoti


S ÁLDÓ IMÁDSÁG MELLETT
con una benedicente preghiera.


MONDJÁK EL SZENT NEVEINKET
e proferiranno i nostri sacri nomi



A MAGYAROK ISTENÉRE ESKÜSZÜNK,
Al Dio dei magiari giuriamo



ESKÜSZÜNK, HOGY RABOK TOVÁBB NEM LESZÜNK!
giuriamo che schiavi mai piú saremo!


A MAGYAROK ISTENÉRE ESKÜSZÜNK,
Al Dio dei magiari giuriamo



ESKÜSZÜNK, HOGY RABOK TOVÁBB NE-EM LESZÜNK!
giuriamo che schiavi mai piú saremo! Giuriamo



ESKÜSZÜNK!
Giuriamo!




Statua di Petőfi a Budapest Alessandro Petőfi, a 26 anni il 31 luglio 1849 mori sul campo di battaglia a Segesvár, in Transilvania, combattendo contro i Russi. Mori? No. "Spari come un bel Dio della Grecia" , disse Carducci. Nessuno lo vide cadere e il suo corpo non fu mai ritrovato. Giuseppe Cassone, traduttore italiano delle poesie di Petőfi

Mi tormenta un pensiero

Mi tormenta un pensiero:
morire tra i guanciali, nel mio letto.
Lentamente appassire come il fiore
roso dal dente d'un nascosto verme:
lentamente vanir come candela
che si consuma in una stanza vuota!
Non mi dare, Signore, questa morte:
Io non muoia cosi. ...

... là io cada, sul campo di battaglia,
lá sgorghi dal cuore il mio giovane sangue,
il mio ultimo grido gioioso
si perda nel fragore della mischia
tra gli echi delle trombe e il rombo dei cannoni
e sul mio cadavere la foga
dei cavalli frementi
pel conquistato trionfo
trascorra e mi lasci
là calpestato.
Le mie ossa disperse sian raccolte
quando verrá il gran giorno
dei funerali, allor che tra un corteo
di bandiere abbrunate ed una lenta
musica solenne, una comune tomba
accoglierà gli eroi
morti per te, o santa
libertá!






Su


 
Palazzo decorato a Kecskemet KECSKEMÉT e PUSTA RUSTICA ©
Gita alla Grande Pianura ungherese, dove nacque e visse Petőfi e quella che adorò molto nella sua poesia
Distanza da Budapest - 95 km
Durata di programma 8 - 9 ore
Si visitano i decorati palazzi e monumenti del centro di Kecskemét e dopo si va in una fattoria tipica per poter vedere uno spettacolo dei cavalli, mangiare in una vera   ' csárda ' ed ascoltare la musica tzigana... [avanti]
Il buttero con la formazione di tiro a 5 cavalli





Museo Nazionale Ungherese Museo Nazionale Ungherese    
VIII. (Corso) Múzeum körút 14-16.  ( sulla piccola Circonvallazione )
Sito: Nemzeti Múzeum
Visita di quel museo di Budapest dove il 15 marzo 1848 Petőfi recitò la sua poesia: Canto Nazionale.
Oggi le mostre permanenti dell'Istituto sono: la Storia dell'Ungheria dalla fondazione dello Stato ungherese fino alla caduta del regime comunista; Lapidario, pietre romane... [avanti]
Corona - XI sec.

Calice - XIV sec.
Abito - XVII sec. Piano - XVII sec.




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